Nel pensare all’autismo e al bisogno di un legame affettivo e sessuale mi viene in mente Sam, un adolescente nerd con l’interesse speciale per l’Antartide che vuole trovarsi una ragazza e iniziare a esplorare il mondo delle relazioni amorose. Sam è il protagonista di “Atypical”, una serie Netflix, che racconta, seppur stereotipando alcuni tratti dell’autismo, del desiderio di un ragazzo con autismo ad alto funzionamento di trovarsi una compagna per la vita, proprio come fanno i pinguini dell’Antartide. Questa serie, a mio avviso, presenta una serie di limiti ed “etichette stereotipate”, tuttavia mette in luce un aspetto di fondamentale importanza: quello delle relazioni e della sessualità nello Spettro. Si potrebbe erroneamente pensare che chi è nello Spettro non abbia interesse nelle frequentazioni, nelle relazioni affettive e nella sessualità, definendole come asessuali. Sicuramente una tematica centrale è l’identificazione del proprio orientamento sessuale. Infatti secondo recenti studi scientifici, gli adulti con autismo affermano che il loro orientamento sessuale non può essere descritto ed identificato attraverso le etichette “etero-“, “omo-” o “bisessuale”. Tuttavia questo non deve essere confuso con l’assenza di un bisogno di incontro del corpo e dell’affettività dell’altro. Ovviamente, ci sono persone che non sono interessate a questo aspetto della vita, ma, in realtà, tantissimi soggetti nello Spettro dell’autismo sentono la necessità di avere una relazione, e, nell’età adolescenziale e adulta, questo diventa uno degli aspetti di maggiore sofferenza. Infatti, a causa delle sfumature sociali ed emotive che sono coinvolte nel processo relazionale e della loro vulnerabilità, spesso è per loro difficile intraprendere tali relazioni. Se la ricerca di una compagna o di un compagno è particolarmente complessa per le persone neurotipiche, diventa ancora più impegnativa per le persone nello Spettro che hanno difficoltà nell’area comunicativa, in particolare quella non verbale, nell’area sociale, nell’area dell’immaginazione, nell’accesso all’ emotività propria e altrui. A questo si aggiunge il senso di essere “diversi e bizzari”, attribuendo a questo un significato spesso di inadeguatezza, incapacità, di essere “pesanti” e non “interessanti” allo sguardo altrui. Faticano a leggere il mondo interiore altrui, ma il punto su cui vorrei porre l’attenzione è la fatica a leggere il proprio mondo interiore, a sentire i propri bisogni, emozioni e pensieri. Esplicativa è un’affermazione di una giovane donna autistica ad alto funzionamento che ho avuto il piacere d’incontrare: “Quando cresci essendo autistico pensi che ciò che gli altri dicono su di te ti definisca, perché non hai altro modo di scoprire come sei. Può essere molto difficile andare oltre e permettersi di scoprire che tipo di persona si è o si sarà in una relazione”. Dalla consapevolezza di sè passa successivamente la possibilità di conoscersi e accettarsi, a cui segue a cascata il sentirsi legittimato e il permettersi di chiedere all’altro di essere accolto nelle proprie peculiarità, piuttosto che provare a “normalizzarsi” arrivando inevitabilmente all’esaurimento di sè e della relazione. Tramite la consapevolezza di sé passa anche la possibilità di riconoscere le proprie vulnerabilità e il riverbero che potrebbero avere emotivamente nell’altro e nella relazione. Come affiancarci, come clinici, educatori, ma anche genitori, a questi ragazzi al fine di sostenerli nella dimensione affettiva, relazionale e sessuale? Ritengo che uno dei principali aspetti sia proprio il lavoro sulla consapevolezza, quindi sulla coscienza di sé e parallelamente il lavoro sul sintonizzarsi con l’altro (teoria della mente). Tutto ciò, crea il terreno per poi poter accedere alla conoscenza della propria fisicità e sessualità e alla possibilità di viverla in relazione. Significa accogliere, evitando di negare le loro vulnerabilità, in quanto questo comporterebbe inevitabilmente il rischio di diventare invisibili anche ai nostri occhi.