La sindrome di Asperger fu identificata per la prima volta negli Stati Uniti nel 1994, fu poi introdotta come uno dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo nel DSM IV (American Psychiatric Association, 1994), per venire attualmente inserita tra i Disturbi del Neurosviluppo, nello specifico all’interno della categoria dei Disturbi dello Spettro Autistico (DSM V, 2013). L’autismo non è una malattia: non si cura e non si trasmette, possiamo quindi considerare l’autismo come una condizione, una neurologia diversa. Per diversi motivi la diagnosi di Sindrome di Asperger è ancora poco definita e molto spesso chi rientra nella categoria ottiene un inquadramento diagnostico chiaro in fase avanzata dello sviluppo. Tra gli ostacoli aggiuntivi alla già complessa diagnosi differenziale, si incontrano spesso dei pregiudizi e dei falsi miti a cui molte persone continuano a credere, e che rallentano quindi il percorso di accesso ai servizi di chi ha la Sindrome di Asperger. Citando Valerie L. Gaus ne “La CBT applicata all’adulto con Sindrome di Asperger e autismi ad alto funzionamento” (2014) andremo a vederne alcuni particolarmente significativi.

Falso mito n.1 “Le persone con AS sono sempre distaccate e disinteressate agli altri.”

Le persone con Sindrome di Asperger spesso commettono degli errori sociali nel loro approccio all’altro, ciò nonostante possono comunque desiderare di avere delle relazioni con gli altri, si sforzano quindi di sviluppare le abilità utili nel contesto in cui desiderano inserirsi.

Falso mito n.2 “Le persone con AS non stringono relazioni”.

Alcune persone hanno la capacità di crearsi e frequentare un piccolo gruppo di amici così come di avere una relazione sentimentale stabile. Nonostante spesso le relazioni sociali siano fonte di stress e vissute come complesse, non si può considerare come criterio essenziale per la diagnosi di AS la totale assenza di relazioni sociali.

Falso mito n.3 “Le persone con AS non riescono a sostenere nessun contatto visivo”.

Nel DSM IV si dice che ci siano difficoltà nell’utilizzo del contatto oculare per regolare le interazioni sociali. Alcune persone con AS non evitano totalmente il contatto visivo, altre riescono a sostenere a lungo lo sguardo, sentendo tuttavia la necessità di distoglierlo per poter elaborare le informazioni ascoltate o per elaborare cosa dire in un secondo momento.

Falso mito n.4 “Le persone con AS mancano di empatia verso gli altri”.

Le persone con AS hanno difficoltà nella reciprocità sociale: fanno cioè fatica nel regolare il ritmo delle conversazioni e hanno la tendenza a sovrapporsi nel dialogo con l’altro. Possono fare inoltre fatica nell’assumere prospettive diverse dalle proprie, sviluppando quindi uno stile relazionale egocentrico. Se si danno le informazioni adeguate e sufficiente tempo per elaborarle, la persona con AS può provare empatia sia nei confronti di un’altra persona sia nei confronti di un gruppo di persone.

Falso mito n.5 “Le persone con AS sono intellettualmente geniali”.

Il profilo di funzionamento di una persona con AS è estremamente vario, articolandosi tra abilità e deficit in modo poco uniforme. Alcuni infatti hanno abilità superiori alla media, altri invece non presentano quel “talento eccezionale” che in alcuni casi spicca dal profilo globale di competenze. La presenza però di tale talento particolare non è necessaria ai fini della diagnosi di AS.